I FONDATORI DEL MARTINISMO E IL LORO PENSIERO - Qui di seguito, insieme a veloci cenni biografici, vediamo, per sommi capi, le differenze di pensiero e metodologia fra i tre fondatori-ispiratori del Martinismo, de Pasqually, Saint-Martin e Willermoz, che, al pari di altri illustri antesignani, i martinisti sogliono definire "Maestri Passati".

MARTINEZ DE PASQUALLY (1727 - 1774)
Aveva 47 anni Martinez de Pasqually quando la morte lo colse nell'isola di Santo Domingo. Moriva lasciandosi alle spalle, al di là dell'Atlantico, nella vecchia Europa, una robusta eredità spirituale che, nella sua sostanza, è giunta integra nella sua poliedricità fino ai nostri giorni. Tale eredità spirituale è il Martinismo. Di lui, di Jacques de Livron Joachin de la Tour de la Case Martinez de Pasqually, poco si sa e parte di quel poco è circonfuso di un alone leggendario. Vediamo. Nato a Grenoble nel 1727 era un massone del quale si ignora la data di affiliazione. Di certo si sa che era in possesso di una patente massonica ereditaria che era stata concessa al padre da Carlo Edoardo Stuart nel 1738. Il documento autorizzava l'intestatario e i suoi legittimi discendenti ad iniziare profani alla massoneria e ad aprire templi. Per quanto più specificamente riguarda il Martinismo, si ignora se egli fu il reale fondatore dell'Ordine che propagandava o se agiva per conto di qualche suo maestro rimasto sconosciuto. Martinez parla, sì, di alcuni suoi maestri, ma tende a lasciare tutto nel vago. Comunque sia, per quanto ci è dato di sapere, l'Ordine dei Cavalieri Massoni Eletti Cohen dell'Universo (questa è la dizione integrale della creatura di Martinez) prosperò grazie all'infaticabile attività del suo fondatore. Ispirato dalla Cabala ebraica, il pensiero di Martinez propugna per l'uomo, decaduto dall'originario stato di grazia, la necessità della pratica assidua e meticolosa di culti e riti particolari al fine di potersi reintegrare nelle sue "qualità, virtù e potestà spirituali" e, nel reintegrare se stesso, contribuire attivamente al riscatto dell'universo intero. Nel suo Trattato sulla reintegrazione degli esseri, di schietta derivazione cabalistica, Martinez de Pasqually tenta un commentario esoterico dei primi libri della Bibbia: secondo Martinez, Dio emana, in primis, un gruppo di esseri spirituali che, desiderosi di diventare a loro volta creatori, si ribellano e precipitano nell'universo materiale creato per diventare la loro prigione. In seguito, Dio emana l'uomo originario, cui affida la missione di regnare sugli spiriti decaduti nella materia e su tutto l'universo. Ma l'uomo, credendosi a sua volta capace di creare, ripete il peccato degli angeli: Adamo perde così la sua forma gloriosa e precipita sulla terra, soggetto alla corruzione e alla morte. Adamo, tuttavia, si pente e Dio gli prospetta un cammino di "reintegrazione" attraverso una faticosa ascesi che permette di conseguire un "sacerdozio Coen" in cui si va a ricostituire l'Adamo originario. Una serie di giusti, da Abele a Mosè, a Salomone, hanno già raggiunto in passato lo stato di "Eletto Coen", rappresentato nella sua forma più perfetta da Gesù Cristo. Nel cammino della reintegrazione l'uomo impara a dominare gli spiriti negativi e a comunicare con quella parte degli spiriti che non si sono ribellati a Dio, gli angeli (le cui caratteristiche sono derivate dalla Cabala), nonché con i santi e con lo stesso Spirito Santo.

SAINT-MARTIN (18/1/1743 - 13/10/1803)
È difficile, se non rarissimo, che nei testi di storia della filosofia relativi al XVIII secolo si trovi una sia pur labile traccia di Louis Claude de Saint-Martin, noto con l'appellativo di "Filosofo Incognito" ai suoi pochi posteri non dimentichi. Ed è strano, perché il Nostro si inserì attivamente e a pieno titolo in quella corrente di idee che, prendendo le mosse dall'Encyclopédie di Diderot e d'Alambert e passando per Voltaire, fu la feconda matrice dei princìpi di libertà, uguaglianza e fratellanza, i quali, nel bene e nel male, ispirarono la Rivoluzione e contribuirono non poco a consolidare e tramandare l'immagine, concisa e pertinente, di "secolo dei Lumi", quale, per l'appunto, oggi si suole attribuire al Settecento. È strano questo silenzio del mondo accademico su una delle più interessanti figure della cultura moderna, ma esso si può forse spiegare con la matrice squisitamente esoterica che caratterizzò la vasta opera letteraria e filosofica di Saint-Martin rendendola sospetta, se non addirittura invisa, ai tanti, troppi, che non sanno, o non osano, o non vogliono, o non possono andare oltre l'immediatezza dei messaggi che passano attraverso i sensi. Vediamo, dunque, la vita, le opere principali e il pensiero. Louis Claude de Saint-Martin nasce ad Amboise il 18 gennaio 1743, quarto figlio del nobile Claude-François. Rimasto orfano della madre a poco più di tre anni viene allevato dalla seconda moglie del padre. Studia al collegio di Point-Levoy, dedicandosi a letture di carattere meditativo e successivamente, per obbedire al padre, frequenta la facoltà di giurisprudenza di Parigi. Diventa avvocato, ma dopo sei soli mesi rinuncia alla professione per dedicarsi alla carriera militare come ufficiale nel reggimento di Foix di stanza a Bordeaux. Qui, nel 1769, conosce il suo maestro e iniziatore, Martinez de Pasqually, che aveva già dato vita al martinezismo. L'incontro con Martinez de Pasqually fu fondamentale per il giovane Saint-Martin. Nonostante le differenze profonde nell'approccio al sovrasensibile (Saint-Martin era e resterà sempre un mistico, decisamente orientato verso le pratiche devozionali, piuttosto che verso la magia cerimoniale e la teurgia codificate da Martinez) il Filosofo Incognito venerò Martinez come suo maestro e, in seguito, ne divenne il segretario. È anche attraverso il sodalizio con Martinez che si delinea nelle sue direttrici essenziali la filosofia di Saint-Martin : "Degli errori e della verità", pubblicato nel 1775, è il primo testo organico nel quale Saint-Martin pone i presupposti di una sua personale dottrina : secondo il Filosofo Incognito, dunque, nella natura dell'uomo risiede la conoscenza sensibile di una causa attiva e intelligente, sorgente di allegorie, misteri, istituzioni e leggi. Saint-Martin combatte l'ateismo filosofico, allo stesso modo che in futuro condannerà il materialismo rivoluzionario, confutando gli errori che la scienza profana, sin da allora, andava accumulando nel vano intento di dare risposte agli infiniti interrogativi che da sempre il mondo sensibile pone all'uomo. Nel 1789 dà alle stampe il suo "Ritratto storico e filosofico" che rappresenta una guida illuminante alla conoscenza del suo mondo spirituale e intellettuale. In quello stesso anno esplode la Rivoluzione Francese che il Nostro definisce "un'immagine in miniatura del giudizio universale". Sospettato per la sua corrispondenza con il colonnello Kirchberger del consiglio sovrano di Berna è colpito da mandato di cattura e costretto a fuggire da Parigi. Continua intanto la revisione de "L'uomo di desiderio", la sua opera capitale, la cui prima stesura risale al 1780 e la veste definitiva al 1802. "L'uomo di desiderio", un'opera strutturata in trecentouno "cantici" che nella forma riecheggiano i Salmi , ad una prima lettura appare ostica e di difficile discernimento ; se però il lettore non superficiale si impegna ad approfondirne i significati emerge in tutta la sua vasta complessità l'originalità di pensiero del Filosofo Incognito. Egli sottolinea l'intenso desiderio di rigenerazione che da sempre anima l'uomo, da così lungo tempo decaduto dal primitivo stato di grazia. La reintegrazione è possibile solo grazie ad una intensificazione della spiritualità : "dal momento in cui - scrive Saint-Martin - la vita spirituale ha inizio nell'uomo, tutta la sua esistenza si trasforma in un susseguirsi di azioni vive e consequenziali". Per raggiungere questo obiettivo, l'uomo ha bisogno dell'aiuto divino perché è continuamente esposto alle sollecitazioni più pericolose : "l'uomo - dice ancora il Filosofo Incognito - è un universo compiuto, in cui tutte le forze di tutti i mondi agiscono per ottenere la realizzazione della loro specifica legge". Ancora : "lo spirito deve discendere nell'uomo come un torrente facendogli violenza per purificarlo da tutto ciò che ne ostacola la rigenerazione". E lo strumento fondamentale della rigenerazione è la preghiera interiore unita a quella esteriore che si realizza con una serie di atti giornalieri indirizzati verso il mondo metafisico. "Nuota costantemente nella preghiera - dice Saint-Martin - come in un vasto oceano in cui non riesci ad individuare né la riva né il fondo e in cui l'infinita immensità delle acque ti consenta in ogni istante un'evoluzione libera e priva di turbamenti". Il filo rosso della reintegrazione corre anche all'interno de "Il coccodrillo, ovvero la guerra del bene contro il male", un poema epico-magico in centodue canti in prosa e in versi. La tesi sostenuta è che l'Adamo primordiale, essenza divina universale, rifletteva tutte le proprietà del Principio Primo, ma, a causa della caduta dello spirito, perdette la possibilità di una diretta comunicazione con Dio, al punto che l'uomo decaduto è ormai costretto a decifrare la verità attraverso ciò che lo circonda. Riprendere il contatto con il Principio Primo è possibile soltanto attraverso la reintegrazione : questo bisogno di unità si manifesta soprattutto per mezzo del desiderio e della vivificazione della volontà, i quali - ed è qui la novità rivoluzionaria della concezione saintmartiniana - possono portare l'uomo ad un ordine intellettuale superiore a quello che propriamente egli possiede per la sua origine. Il desiderio dunque è l'elemento che dà ali all'anima : del resto non aveva già scritto sant'Agostino che chi cerca il Signore lo ha già trovato ? Conoscere l'Altro, per Saint-Martin, non è un'intuizione intellettuale o metafisica, ma un mescolare la propria sostanza con quella dell'Oggetto desiderato. Louis Claude de Saint-Martin morì ad Aunay, presso Sceaux, il 13 ottobre 1803.

WILLERMOZ JEAN BAPTISTE (1730 - 1824)
Willermoz è il terzo personaggio di spicco del Martinismo delle origini. Commerciante di seta di Lione, nel 1753 è accolto in Massoneria e assume rapidamente un ruolo di primo piano in seno all'Ordine. Per l'innata capacità organizzativa viene chiamato alla riforma delle Logge Massoniche che conduce con costanza e fermezza, non disgiunte da grande abilità, pari a quelle impiegate, qualche anno dopo, per riordinare la dottrina segreta di Martinez. Il frutto della sua opera è il Rito Scozzese Rettificato, attualmente diffuso in tutta l'Europa, che si distingue dal Rito Scozzese Antico e Accettato per la chiara impronta cristiana (e per questa ragione Willermoz fu chiamato "il massone cristiano). Il 1767, a Versailles, Willermoz riceve, direttamente da Martinez, la prima iniziazione martinista e da questo momento in poi la sua vita sarà illuminata e sorretta dalla dottrina segreta del Maestro. Il 1778 lo vede impegnato nella Loggia di Lione per riorganizzare gli insegnamenti di Martinez ai quali aggiunge le proprie vaste conoscenze esoteriche e scientifiche, contribuendo alla completezza degli studi tradizionali dell'Ordine e alla sua diffusione nei paesi del nord Europa in generale e in Russia in particolare, dove, ancora oggi, sono presenti molte Logge Martiniste di chiara impronta willermozista. È il 1780 quando giunge in Italia al seguito di Saint-Martin per fondare le prime due logge delle quali i documenti dell'epoca dànno notizia: una a Torino e una a Napoli. Tuttavia, i divieti politici ispirati dal papato faranno sì che a partire dal 1790 ogni attività Martinista venga pubblicamente sospesa limitandosi a propagarsi nella clandestinità fino alla metà del 1800.Ma come vedeva la riconciliazione questo personaggio che era nel contempo cristiano, massone e martinista? Ce lo dice A. Yoly nel suo "Un mistico lionese":"...Willermotz insegna che l'uomo fu creato a immagine e somiglianza di Dio, superiore a tutta la natura spirituale, temporale e materiale, potente in tutta l'accezione del termine, per poter essere un 'mezzo di riconciliazione per il principio del male', ma che, avendo fallito la sua missione e per la sua prevaricazione, è stato punito con la morte spirituale. Dopo la sua caduta tuttavia non è divenuto un essere passivo e 'mostruoso' a causa dell'alleanza dello spirituale e del materiale che costituisce la sua natura degradata. Il suo crimine è la sorgente di tutti i mali che affliggono l'umanità. L'uomo non ha che uno scopo, quello di riconciliarsi. Questo scopo non è impossibile sia perché 'Adamo' ha ricevuto dei 'soccorsi potentissimi', sia perché successivamente l'opera del Cristo Divino Riparatore Universale e il suo insegnamento - il cui senso segreto è conosciuto dai soli discepoli - ci ha aperto la Via e ci promette il successo. Gli emblemi massonici si rapportano a questa mistica e debbono essere interpretati in questo senso. Il Tempio di Salomone, secondo il piano misterioso ricevuto da David, è eseguito da Salomone con l'aiuto di Hiram e dei primi Massoni. Esso è costruito ad immagine dell'uomo e dell'universo. Studiare i simboli del Tempio è studiare l'uno e l'altro".



L'Ordine Martinista contemporaneo
Francesco Brunelli

Nel numero precedente (1) abbiamo chiarito che esistono diverse fasi e diversi momenti di un’unica corrente in cui delle sovrapposizioni e delle degenerazioni legate alla personalità dei Maestri che caratterizzano appunto tali «momenti», sembrano addirittura dar vita a qualche cosa di differente che in realtà non è se si raschiano le sovrapposizioni.
Il Martinismo contemporaneo vuol farsi derivare dal Martinismo moderno ed in genere si commette l’errore di legare questo Martinismo esclusivamente a Papus mentre esso è composto da molti autorevoli uomini che agirono contemporaneamente a lui o dopo la sua scomparsa dalla scena terrestre.
E questo è un punto che va bene chiarito perché non ci sembra valida in assoluto l’affermazione che «L’Ordine Martinista moderno fu fondato ex novo da Papus nel 1891», anzi a tale affermazione si dovrebbe quasi rispondere con un no deciso perché quando nel 1891 inizia la fase martinista oggetto della presente nota (il Martinismo Antico si era solo apparentemente esaurito in Francia dopo la rivoluzione) avviene l’incontro tra DUE Iniziatori: Papus e Chamboseau. Ambedue erano eredi di una «iniziazione» martinista che fu anche oggetto di discussione quanto a validità perché da un lato la linea di Papus mostra un vuoto apparente e quella di Chamboseau ha come anello di trasmissione, ad un certo punto, una donna.
Su questa questione è bene soffermarci un poco, ma è bene che si premetta che noi NON METTIAMO IN DISCUSSIONE LA VALIDITÀ INIZIATICA DEL MARTINISMO anche se certi dettagli e certe validità in qualche «momento» possono essere discutibili. Quanto noi diremo a questo proposito assume una significazione relativa sia perché se l’iniziazione (di osservanza di un rituale nella trasmissione) è anche un fatto formale, non è esclusivamente legata ad essa, sia perché al primo gruppo di riorganizzatori del Martinismo ben presto giunsero altri validi apporti con le rispettive filiazioni.
E veniamo alla ben nota linea di trasmissione premettendo quanto scrive Van Rijmberg concludendo una serie di ricerche su Saint Martin e cioè che non si può negare la esistenza di una catena iniziatica propagata da Louis Claude de S. Martin anche se si deve escludere la strutturazione di un vero e proprio Ordine Martinista. «Le iniziazioni individuali di Saint Martin, considerate da molti pura leggenda, sono bene una realtà». E l’A. cita a sostegno della sua tesi dei documenti probanti. Secondo Amadou, egli aveva creato una Società degli Amici Intimi composta da coloro che erano in grado di comprendere il suo insegnamento ed ai quali dava tutto se stesso ed i simboli della sua iniziazione: la maschera, il mantello, le tre luci, sono giunti a noi vivificando ancor oggi la catena dei Superiori Incogniti.
Ed ecco la catena delle Iniziazioni Libere come ci è giunta nelle notazioni storiche.

L. C. de Saint Martin (1743-1803)

Abate de La Noue († 1820) J. Antonio Chaptal († 1832)
Antonio Maria Hennequin († 1840) ?
Enrico de La Touche († 1851) Enrico Delaage († 1882)
Adolfo Desbarolles († 1880) Gerard Encausse (Papus) († 1916)
Amelia de Boisse-Mortemart nata de Nouel de La Touche  
Agostino Chaboseau († 1946)  


Come si vede agevolmente Amelia Mortemart era una donna e la filiazione che fa capo a Papus potrebbe apparentemente presentare qualche soluzione di continuità che tuttavia non ci dilungheremo ad esaminare nei dettagli.
Chaboseau (2) e Papus (3) che frequentavano lo stesso gruppo di occultisti a Parigi, si riconobbero in possesso di una stessa trasmissione proveniente dalla scuola di L. C. de Saint Martin e nel 1888 si scambiarono le rispettive iniziazioni, stabilendo di dare delle basi moderne al contenuto iniziatico in loro possesso. Nel marzo del 1891 fu costituito a questo scopo a Parigi un Supremo Consiglio formato dai seguenti occultisti che avevano preventivamente ricevuto la iniziazione a S.I.: P. Adam, Barlet, M. Barres, Burget, Chamuel, S. de Guaita, Lejay, Montiere, J. Peladan, Sedir. Ben presto Barres e Peladan, essendo cattolici, si dimisero e furono rimpiazzati da Marc Haven e V. E. Michelet.
E la vita dell’Ordine così ricostituito inizia una rapida diffusione a cui ovviamente non poteva far riscontro un altrettanto valido lavoro iniziatico, basti infatti pensare che ben presto l’Ordine contò circa ventimila fratelli che se da un lato costituivano un’elite intellettuale, spirituale e fors’anche iniziatica, dall’altro non potevano neppure possedere una formazione esoterica comune, tant’è vero che la storia del Martinismo Moderno è costellata appunto da incomprensioni derivanti da queste differenze.
Comunque è incontrovertibilmente chiaro che all’inizio del Martinismo moderno vi sono due fondatori e non uno, seguiti a distanza assai ravvicinata da ben altri dieci elementi di prim’ordine aventi ciascuno un proprio bagaglio e delle proprie filiazioni iniziatiche, per tali ragioni non possiamo affermare che il moderno Martinismo abbia avuto un’unica, chiara, scuola, ma è sorto da più linee culturali confluenti tra di loro, per questa ragione i richiami alla dottrina originaria sono affiorati di sovente confluendo e trovando successivamente in Robert Ambelain un valido interprete.
È senz’altro ammissibile ed accettabile che tra i dodici fondatori dell’Ordine Martinista nel 1891 chi intieramente si dedicò ad esso fu Papus ed è forse perciò che Papus (che era un divulgatore, un volgarizzatore di eccezionale validità) viene ritenuto erroneamente come il suo fondatore mentre in senso assoluto non lo è affatto.
È tuttavia con Papus che il Martinismo divenne un qualche cosa di differente per tingersi di quell’occultismo occidentale di cui fu veramente il volgarizzatore ed il propagandista e sul quale ovviamente non si possono che porre delle riserve. Ci sembra difficile dover identificare il Martinismo con il «papusianismo» e del resto l’eccessivo eclettismo che fu alla base del risveglio Martinista fu anche la causa delle numerose scissioni che caratterizzarono la sua forma moderna e che si manifestarono alla morte di Papus e successivamente.
In Francia e conseguentemente nel mondo si ebbero infatti tra i rami principali i seguenti:
1) L’Ordine Martinista Sinarchico di Blanchard (1918);
2) L’Ordine Martinista Tradizionale con A. Chaboseau (1931);
3) L’Ordine Martinista Rettificato di J. Boucher (1948);
4 ) L’Ordine Martinista facente capo alla sede di Lione con coloritura fortemente Martinezista (1920).


Encausse (Papus)

Chaboseau

BARLET

de Guaita

Peladan

Sedir

Haven

Michelet

(1)«Conoscenza», n. 2, 1973, p. 21.

(2) Ci sembra interessante riprodurre lo stralcio di una lettera scritta da Jean Chaboseau figlio a Philippe Encausse e da questi pubblicata.
« Mio padre aveva 18 anni circa, ed era solo a Parigi essendo mio nonno di guarnigione dapprima a Tarbes, poi a Mans. Gli erano stati forniti indirizzi di corrispondenti di famiglia, tra questi quello di un’anziana signora... Mio padre va dunque da lei che abitava in rue Notre Dame des Camps in un vecchio appartamento e vi ritornò tutti i giovedì sera. Questa anziana signora molto colta ed amante della musica si mise in testa di completare la cultura di quel giovane che trovava troppo universitario. Gli fece scoprire Balzac sotto un nuovo profilo, gli apri gli occhi sopra certi filosofi che mio padre teneva un poco in disparte ed a poco a poco lo porta a conoscere “gli illuminati” ed i “teosofi” della fine del XVIII secolo e dell’inizio del XIX ed in particolare di Ballanche. Naturalmente gli leggeva molti scritti di Louis Claude de Saint Martin. Tuttociò lo intesi raccontare molte volte da mio padre ed egli lo ricordò particolarmente una sera in occasione di una riunione martinista presso Canudo, riunione che si prolungò moltissimo e che tenne gli uditori sotto lo charme di questi racconti evocati a bassa voce e nell’atmosfera che tu puoi conoscere e ricostruire. Un giorno Amelia disse al giovane che esisteva “qualche cosa”, che la tradizione si era perpetuata individualmente, segretamente o quanto meno discretamente. Il seguito tu lo conosci. Mio padre studiava medicina parallelamente ai suoi studi di induismo... È all’ospedale parigino della Charité che conobbe Paups, dapprima al servizio di un gran maestro di cui mi sfugge il nome poi al servizio di Chorot...».


(3) Estratti da «Martinezismo, willermozismo, martinismo e massoneria» di PAPUS (Ed. Chamuel, Parigi, 1899). «Il passaggio del Martinismo ai gruppi che dovevano dargli una tale estensione all’epoca attuale si è effettuato con la mediazione di un modesto occultista che fu sempre attaccato a due grandi principi, la conservazione della tradizione iniziatica dello spiritualismo caratterizzata dalla Trinità e la difesa del Cristo al di fuori di ogni setta. Sono questi i caratteri dello “sconosciuto” al quale venne affidato il sacro deposito, ed Enrico Delaage, poiché è di lui che stiamo parlando, preferì essere fedele alla sua iniziazione anziché fondare una nuova setta... Delaage spinse il rispetto del segreto sino a tacere l’origine della sua iniziazione nei suoi libri, ed è solo con gli intimi che amava parlare a cuore aperto del Martinismo, la tradizione del quale gli era stata trasmessa per mezzo di suo nonno M. de Chaptal, iniziato lui stesso da Saint Martin... Qualche mese prima della sua morte Delaage volle dare ad un altro la semente che gli era stata confidata... Povera eredità costituita da due lettere e qualche brano, riassunto di quella dottrina della iniziazione e della trinità che aveva illuminato tutte le sue opere. Ma l’invisibile era là e lui stesso si incaricò di ricollegare le opere alla vera origine loro e di permettere a Delaage di affidare la sua semente ad una terra ove avrebbe potuto svilupparsi...».